Uno dei mantra ricorrenti nei discorsi della politica è “i giovani saranno costretti a pagare le pensioni degli anziani”.
Un ritornello che si ripete all’infinito, tanto a destra che a sinistra e che, analizzato con disincanto, fa emergere una delle derive capaci di condizionare negativamente il pensiero di persone pur dotate di intelligenza, cultura ed esperienza, ovvero il prendere le mosse dalla realtà come gli si presenta senza confrontarla con la storia e, soprattutto, con la storia com’è e non come ci viene raccontata nei libri di storia.


La questione delle “pensioni” appare cruciale nell’analisi dei processi sociali ed economici in divenire ed apre la stura a valanghe di elucubrazioni che mai tengono conto di una domanda semplice semplice: come sono nate le pensioni? Come sono diventate uno dei cardini della società attuale? Ed a scapito di cosa sono diventate cruciali?


Il concetto di una tutela sociale degli anziani, tradottasi poi in un reddito garantito dallo Stato a favore delle persone oltre una certa soglia di età, è figlia dell’avvento della borghesia, ovvero del ruolo determinante assunto nell’ambito sociale da una categoria di persone che non basavano il proprio potere su diritti acquisiti e mai messi in discussione (la nobiltà) e nemmeno basavano il proprio potere (seppur scarso) sulla propria capacità fisica di sviluppare “lavoro” (nell’accezione che ne danno i libri di fisica, ovvero: L = FS (in esteso: Lavoro = Forza per Spostamento).

Un evento di cui mai i libri di storia parlano ha sconvolto e condizionato il mondo occidentale dagli albori del Cinquecento fino alle soglie del Novecento: la piaga della sifilide. Importata dalle Americhe da Cristoforo Colombo e dai sui marinai negli ultimi anni del Quattrocento, è dilagata in un lampo in tutti i paesi d’Europa grazie a due condizioni oggettive: la scarsa igiene che caratterizzava qualunque classe sociale ed il fatto che tutti facevano sesso con tutti. Tra e con nobili, prelati, popolani, miseri. Orizzontalmente, trasversalmente e perpendicolarmente. E lo spauracchio della sifilide non li fermava perché tutti non avevano nulla da perdere. Il nobile poteva morire ma i beni rimanevano alla sua casata. Il prelato poteva morire ma i beni di cui godeva rimanevano alla Chiesa. Il popolano ed il misero potevano morire ma la morte non avrebbe sottratto loro nulla perché nulla possedevano. Ed un attimo di godimento appariva a tutti costoro qualcosa per cui valeva la pena tentare la sorte e rischiare la vita.
In questo contesto stava emergendo una categoria di persone che conquistava il benessere attraverso i commerci e le competenze professionali: mercanti, sensali, notai, avvocati, artigiani, tecnici. Per loro la morte sarebbe stata la fine di tutto perché la vera essenza del loro benessere non era trasmissibile. Potevano lasciare case, terreni e greggi ai figli ma il valore del “bene” che possedevano non era ereditabile.
Come potevano difendersi dal flagello della sifilide che stava decimando le classi fino ad allora dominanti e dominate? Uscendo dal contesto del “tutti fanno sesso con tutti”, creando una ideologia della fedeltà coniugale e, soprattutto, praticandola.

Fino a quel momento, nemmeno nei trattati più profondi della Chiesa, il valore della fedeltà coniugale viene preso in considerazione, non è un dogma e nemmeno una indicazione di corretta conduzione morale. Una delle ragioni della crescente importanza economica e sociale della borghesia risiede nell’essere riuscita a mettersi al riparo dal flagello della sifilide e, di conseguenza, nell’essere più “sana” e, quindi, più ricca di energie.


Quando arrivò la penicillina, la nobiltà era ormai fuori gioco e senza risorse ed i poveri, per quanto ancora sfruttati e bistrattati, erano entrati in un circuito di “garanzie” sociali (pensione inclusa) che, decennio dopo decennio, si facevano più concrete ed incisive.
Ma prima, quali meccanismi (consci o inconsci) venivano attuati per garantire una sopravvivenza agli anziani?
Semplificando molto, possiamo distinguere due distinte fenomenologie.

 

Ovvero i periodi delle vacche grasse e quelli delle vacche magre.
Quando una società (locale, regionale, nazionale) viveva per un periodo abbastanza lungo in condizioni di prosperità (ovvero, al riparo da condizioni climatiche avverse, carestie, guerre, razzie di altre popolazioni, ecc.) l’ambiente circostante offriva grandi opportunità e bastava “prendere”. Ma per prendere erano necessarie “braccia”. E, allora come oggi, servivano braccia a basso costo. L’unica possibilità e l‘unica risorsa erano i figli. Per cui ci si sposava il prima possibile e si generavano figli in batteria: più figli avevi e più aumentava il benessere della famiglia perché così si erano moltiplicate le braccia che potevano “raccogliere”. Una numerosa famiglia dedita all’attività produttiva era la garanzia per una vecchiaia serena. L’entità della pensione era determinata dall’ammontare dei contributi (i figli) versati.
Vigeva il sistema contributivo.

Nei periodi di vacche magre, invece, ovvero quando una società analoga alla precedente era soggetta a disastri climatici, dominazioni, carestie, guerre, ecc., generare figli non era conveniente: se a malapena si poteva ricavare il sostentamento di una piccola famiglia, l’aumento del numero dei figli avrebbe rappresentato un tragico problema. Per cui ci si sposava in età più avanzata e si decideva di avere un figlio solo quando uno dei vecchi moriva. Ovvero, non si alterava l’equilibrio tra risorse disponibili ed il numero di bocche da sfamare. La pensione dei vecchi, in questo caso, era determinata dalle risorse disponibili al momento e tendeva a non essere inferiore al reddito precedente (ovvero il necessario per sopravvivere).
Vigeva il sistema retributivo.


Con l’avvento della società borghese questo paradigma è saltato ma, soprattutto, è stato dimenticato. Per cui si continua a far figli, tendenzialmente in misura maggiore i poveri ed in misura minore i ricchi ed i benestanti, ed i figli non vengono più considerati un “cardine” della famiglia (giustamente, perché non lo sono più) ma un “giocattolo”, spesso costoso, che non arricchisce la famiglia ma sempre più spesso la impoverisce. Il quale giocattolo, però, può rappresentare un formidabile strumento di autorealizzazione, qualcosa da esibire piuttosto che da rendere parte integrante del proprio essere. Più abito da cerimonia che non maglia della salute.
La controprova di questo status è il dilagare della passione per gli animali domestici, cani e gatti in primis: trattati e vissuti come figli, ne offrono tutti vantaggi (attuali) e nessuno degli svantaggi. Tanto, né gli uni né gli altri, dovranno (o potranno) provvedere al nostro sostentamento quando saremo vecchi.

 

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