Ci sono due stati di moto talvolta indistinguibili. Uno è l’inerzia: viene a mancare la propulsione ma
il mezzo, per un po’, prosegue nella direzione cui era avviato. L’altro è la deriva: spenta la propulsione ed esauritasi l’inerzia, il mezzo va alla deriva, ovvero là dove lo trascinano forze
esterne.
A volte capita che la direzione della deriva sia la stessa dell’inerzia e i passeggeri a bordo non riescano a capire se procedono grazie alla propulsione, all’inerzia o alla deriva.
In questi anni gli Italiani sono un po’ come i passeggeri di quel mezzo: gli ottimisti pensano che si proceda grazie alla propulsione, i pessimisti che si sia alla deriva, i positivi che si vada
avanti per forza d’inerzia (in fondo, a parte qualche buca, le strade sono agibili, gli ospedali, bene o male, ci curano, l’immondizia la portano via - quasi - ogni sera, i treni circolano anche
se con qualche disagio…)
Il guaio è che a quei passeggeri nessuno ha consegnato il cartoncino con le istruzioni in caso di emergenza né ha detto dove possono trovare il giubbotto galleggiante in caso di naufragio. Ed
ognuno ha una sua ferma opinione relativamente a cosa si debba fare (soprattutto cosa debbano fare gli altri) per salvarsi.
Ecco: vista con occhio non coinvolto e disincantato, la situazione sembra questa. Ovvero che, stretta in questa morsa di convinzioni contrastanti, l’Italia stia andando avanti a cazzo.