La porta del carcere si chiuse alle sue spalle con il tonfo di un battente qualunque. In sole ventiquattr'ore era stato acciuffato, accusato, incarcerato e rimesso in libertà, benché le sue colpe fossero provate al di là di ogni dubbio. Ed il suo avvocato non era certo una volpe o un'aquila.

 

Quasi infastidito dalla poca considerazione prestata dalla giustizia al reato da lui commesso, in quel momento decise che non valeva più la pena di continuare l'attività che lo aveva impegnato per tutta la vita. Avrebbe chiuso definitivamente con le case per appuntamenti, giri di squillo di lusso, organizzazione di balletti rosa e verdi, ben mascherati istituti per massaggi ed agenzie di accompagnatrici e pornomodelle.

 

Avrebbe cambiato mestiere. Ma che fare dopo vent'anni spesi unicamente ad organizzare, stuzzicare ed appagare i piaceri sessuali della gente?

Trascinava in ozio le sue giornate, impegnato dal ronzio del proprio cervello che cercava una soluzione al problema, quando un'improvvisa voglia di tortelli di zucca, un piatto con cui sua madre lo aveva soggiogato per anni, illuminò la strada che avrebbe percorso da quel momento in poi. Immaginando il gusto che gli avrebbe dato ingoiarsi uno ad uno quei bei fagotti ripieni di bontà e grondanti di sugo, si rese conto che quello era piacere e che in quel momento avrebbe pagato volentieri qualcuno in grado di procurargli quel piacere.

Ecco quale sarebbe stata la sua occupazione futura: organizzare, stuzzicare ed appagare i piaceri della gola della gente.

TRA RINASCITA E RESURREZIONE

 

ll dubbio se questa attività potesse essere proibita dalla legge fu fugato rapidamente. Anzi, scoprì che lo Stato la avrebbe autorizzata esplicitamente, concedendogli una vera e propria "licenza".

Unica formalità da osservare: curare che tutte le persone impegnate nell'attività fossero sane e si sottoponessero periodicamente a visita medica. Proprio come ai bei tempi delle "case chiuse".

 

Il problema era come cominciare. Il primo istinto fu quello di ripercorrere uno alla volta tutti i gradini della sua precedente carriera. Aveva esordito amministrando le grazie prosperose di una bolognese di mezza età: poteva riprodurre in chiave gastronomica gli stessi elementi. Gli sarebbe bastato un piccolo locale, arredato semplicemente, una lista di piatti popolari, ricchi e sugosi, un buon vinello che andasse giù come l'acqua. Poteva essere un'idea, ma presto vennero a galla i primi dubbi. Il richiamo casalingo e pecoreccio era sempre forte, ma bisognava tenere i prezzi bassi e poi si prestava unicamente per clientela saltuaria, Quella abituale, dopo un po' vuole novità, stranezze, eccentricità, e chi si crogiola nel repertorio popolare ne fa una fede, ha una sua morale che vuole sia rispettata. E non sente ragioni

 

Il pensiero, allora, corse ad un'altra perla della sua scuderia, una trentenne alta, slanciata, dai lineamenti gentili che lui presentava, negli annunci civetta pubblicati sul quotidiano locale, come "raffinata modella". Certo per soddisfare i corrispondenti appetiti gastronomici avrebbe dovuto investire un po' di più.

Ci voleva un locale collocato in una zona signorile, l'arredo avrebbe dovuto essere più curato, i tovagliati e le stoviglie di qualità, e la cucina più raffinata, modulata tra il gusto classico ed i lussi di moda. A prima vista sembrava la scelta giusta, ma ancora una volta il dubbio, confortato dalla memoria, smontò il castello che stava costruendo.

Si ricordò di come la ragazza ben presto si era illusa di essere veramente una "grande signora", e di come i suoi modi intimidivano i clienti. Il gioco era perennemente condotto da lei ed il suo partner occasionale, pur soddisfatto fisiologicamente, vedeva quasi sempre frustrate le sue aspirazioni. Insomma, trasferendo il tutto in una sala da pranzo, avrebbe rischiato di soddisfare le esigenze nutrizionali lasciando inappagati gli appetiti.

GIRO DEL MONDO TRA APPETITI, PIACERI E PASSIONI

Meglio, allora, buttarsi sull'esotico, visto che in questo caso la spinta che anima il cliente è la ricerca del nuovo e dell'incognito. Dalla galleria dei suoi ricordi balzarono in passerella la francese piccante e formosetta, la bionda stangona tedesca, la flessuosa orientale e un'africana tutta labbra, seno e sedere.

L'africana stuzzicava gli appetiti di molti, li travolgeva con la sua sensualità, ma alla fine per la maggior parte di loro risultava un'esperienza troppo forte, alla quale erano impreparati e che difficilmente avevano la forza di ripetere.

L'orientale, apparentemente, era perfetta: il suo repertorio era vastissimo, codificato, in grado di appagare qualunque desiderio, ma dopo alcuni incontri i clienti cominciavano ad avvertire una sorta di freddezza, di tecnicismo. Mancava l'anima, insomma, ed insieme all'anima quel senso di peccato che fa da condimento ad ogni trasgressione degli occidentali di cultura cristiana.

La tedesca, ahimé, era stata una vera e propria frana. Alta e bionda attirava i clienti a frotte, ma il suo repertorio di sensazioni era proprio grezzo e limitato. Passando dal letto alla cucina, esauriti crauti, patate, birra e salsicce, il sogno di quegli occhi azzurri e di quella pelle bianca svaniva in un pungente odore di senape che lasciava in bocca un retrogusto amaro.

Restava la francese: quante soddisfazioni! che successi folgoranti! Non c'era cliente che non ne rimanesse affascinato.

E poi soldi, tanti soldi, perchè chi si avvicina alla francese sa già che dovrà spendere, che il suo menù è sempre di alto livello ed abbonda di materie prime raffinate e costose, che condisce i suoi numeri solo con Champagne o con vini di grandissime annate.

Ma anche qui sorgono i problemi. Esaurita la sfuriata dei clienti alla ricerca di esperienze mai provate prima, si stabilizza una cerchia di avventori abitudinari, raffinati, che sanno bene quello che vogliono e sanno riconoscere l'essenza della qualità anche sotto le salse più maliziose.


Non fanno discussioni sul prezzo ma pretendono una francese di grande livello. E dove trovarla, con la crescente penuria di manodopera e di scuole? Dove rintracciare e convincere qualcuno che si sia fatto le ossa nelle poche cattedrali di Francia (M.me Claude o Bocuse, fa lo stesso) ancora attive?

STRAZIAMI MA DI CIBI SAZIAMI

Allora meglio buttarla sul sado-masochismo, dove la componente principale del rapporto è basata sulla scenografia, i costumi, la coreografia. E la suspance.

Per un atto finale piccolo piccolo (potrebbe essere un colpo di staffile come un solitario raviolo al tartufo e pistilli di zafferano) ecco che tutta la costruzione del piacere può essere trasferita nella stravaganza inquietante degli accessori, lenzuola viola come piatti dalle geometrie irregolari, seni che emergono tra cuoio nero e cerniere come rognoncini d'anatra incastonati in letti di verdure alterate nella loro riconoscibilità da intarsi maniacali; e nel dosaggio sapiente del loro apparire, sipari di plastica lucida come cupole argentate che si dischiudono all'unisono a svelare i loro piccoli tesori proibiti.


No! No! Non era questa la strada. Non poteva tornare ad operare nell'ombra come aveva fatto per tanti anni. Il vero protagonista della nuova attività sarebbe stato lui in persona.

Avrebbe affittato un grande locale, l'avrebbe arredato con raffinata eleganza, senza ispirarsi ad epoche o geografie ben definite. Tovagliati, stoviglie e bicchieri sarebbero stati di buon livello, ricchi ma non preziosi al punto da incutere soggezione. E ad accogliere i clienti ci sarebbe stato lui, proprio lui che più di ogni altro sapeva capire al volo appetiti, voglie, vizi e segreti desideri dei suoi ospiti.

Dietro le quinte avrebbe fatto lavorare uno staff ben calibrato capace di soddisfare qualunque desiderio, dal popolare al raffinato, al classico, all'esotico, allo stravagante.

Nel suo repertorio i clienti avrebbero trovato abbondanza di tutto quanto c'è di meglio a livello nazionale ed internazionale: caviale, salmone, tartufi, spigole, fegato d'oca, bottarga, aragoste, ostriche, rucola, carni irlandesi, capretti normanni, prosciutti di cervo, filetti di storione, pesce spada affumicato. Intingoli mediterranei, salse travestite da zabaioni, sughi di una volta. E pesce crudo.

Certo. La strada giusta era quella. Non più peccati della carne e diaboliche tentazioni, ma un grande, seducente, inimmaginabile paradiso proibito dei sensi.

E il nome? Su questo non c'erano proprio dubbi:

l'avrebbe chiamato "Ristorante".

 

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