Si racconta che il presidente Reagan, soccorso dopo essere stato ferito da un attentatore, si sia sollevato dalla barella dicendo ai dottori "Mi sono dimenticato di schivare il colpo". E davanti a tanto senso dell'umorismo in una situazione così drammatica, qualche giornalista ha commentato: "Ma chi si crede di essere, Indiana Jones?"
Il paragone non era estemporaneo: il 1981 era l'anno in cui imperversava "I Predatori dell'Arca perduta", che vinse ben 4 Oscar, anche se a fargli da contrappunto (e concorrenza) c'erano soprattutto grandi storie d'amore. Sugli schermi gli contendeva spettatori "Il Lago Dorato", con la superba performance, quasi un canto del cigno, di Henry Fonda e Katharine Hepburn (un Oscar a testa), mentre davanti alla TV si erano paralizzati, in un orgia mondiale di romanticismo, oltre 750 milioni di telespettatori per assistere alla bella favola delle nozze di Carlo e Diana.
IL FIUTO DI ZEFFIRELLI
In questo clima strappalacrime si era inserito, dimostrando non poco fiuto all'aria che tira, il nostro Franco Zeffirelli con "Endless Love", un film made in Usa, melenso ai limiti dell'insopportabile, ma supportato da una colonna sonora che ha trasformato un sicuro flop in un successo, né grande né travolgente, ma sicuramente garantito, almeno dal punto di vista degli incassi.
"Endless Love", interpretata in modo vibrante da Diana Ross e Lionel Richie, ed accompagnata da altri 4 pezzi di grande livello (Dreaming Of You, Dreamin, I Was Made For Lovin' You e Heart Of Glass) gli valse la nomination per la migliore canzone sia ai Golden Globe che all'Oscar.
Anche se gli onori si fermano qui, visto che, se non è riuscito a trionfare nel bene, ha fallito anche nel male, dove le chances erano veramente tante: con ben 6 nominations ai Razzie Award (Peggior Regista, Peggiore Attrice, Peggiore Attore non Protagonista, Peggiore Attore Esordiente, Peggiore Fotografia e Peggiore Sceneggiatura) nemmeno qui è riuscito a portare a casa un premio.
Titolo originale: ENDLESS LOVE
Anno: 1981
Regia: Franco Zeffirelli
Cast: Brooke Shields / Martin Hewitt / Shirley Knight / Don Murray / Richard Kiley / Beatrice Straight / James Spader / Ian Ziering / Robert Moore / Penelope Milford / Tom Cruise
Durata: 115 minuti
Trama: Due adolescenti si innamorano, ma i genitori di Jade giudicano pericolosa la passione che li travolge e cercano di impedire loro di incontrarsi. Per ribellarsi a questo contrasto, David dà fuoco alla casa e viene allontanato, ma questo non lo dissuade dal cercare di rivederla ogni volta che gli è possibile. Ma la passione che alimenta il suo primo amore è così esagerata che Jade si trova di fronte al dilemma di lasciarlo, per evitare che li porti entrambi alla morte.
QUANDO LA MUSICA DIVENTA UNA FEDE
"Endless Love" è una storia d'amore tra adolescenti, e non c'è dubbio che nello show business questa formula non manchi di estimatori, disposti ad investire in produzioni che, se fin dall'inizio escludono prospettive di grandi onori da parte della critica, garantiscono comunque sempre un buon ritorno, soprattutto se la componente musicale non si limita ad essere di solo supporto, ma diventa parte integrante della sceneggiatura.
È il caso di Footloose, storiellina di adolescenti che vogliono convertire un paesino dello Iowa al rock, che tra un ballo e l'altro sono riusciti a portare a casa una nomination per la miglior canzone ai Golden Globe, una agli Oscar e oltre 100 milioni di dollari di incassi, solo negli Stati Uniti.
Titolo originale: FOOTLOOSE
Anno: 1984
Regia: Herbert Ross
Cast: Kevin Bacon/ Lori Singer / John Lithgow / Dianne Wiest / Chris Penn / Sarah Jessica Parker
Durata: 107 minuti
Trama: Ren McCormack è un teenager che si trasferisce da una metropoli ad una piccola città di campagna dello Iowa.
Qui nasce un flirt con Ariel, la figlia ribelle del reverendo Shaw Moore, leader della fazione più conservatrice della comunità che combatte con ogni mezzo la peccaminosa musica rock, il ballo e tutte le forme di divertimento dei giovani. Riusciranno Ren e Ariel a convertire lo Iowa al rock?
BALLARE UNA SOLA ESTATE
Sulla stessa scia, si colloca Dirty Dancing, anche se qui uno solo dei protagonisti della tormentata vicenda sentimentale è adolescente: la giovane Baby che si innamora dell'istruttore di danza del resort in cui trascorre le vacanze con la famiglia.
Qui, come in Footloose, il connubio musica-danza si rivela immediatamente vincente ma, in più, è supportato da una storia più credibile e più coinvolgente anche per un pubblico oltre la soglia dei 20 anni. Girato tra gli scenari naturali del Lake Lure, in Nord Carolina ed il Mountain Lake Resort in Virginia, il film qualche volta pecca di troppa confidenza con la materia, al punto da trascurare dettagli quali un tecnico del suono che appare e scompare dallo schermo, pantaloni sporchi che all'improvviso diventano puliti e personaggi che si levano la giacca due volte nella stessa scena.
Niente di così grave, comunque, da far negare alla canzone tanto il Golden Globe che l'Oscar.
Titolo originale: DIRTY DANCING
Anno: 1987
Regia: Emile Ardolino
Cast: Jennifer Grey / Patrick Swayze / Jerry Orbach / Cynthia Rhodes / Jack Weston / Jane Brucker / Kelly Bishop / Lonny Price / Max Cantor
Durata: 100 minuti
Trama: Baby è una diciassettenne idealista e innocente in vacanza con i suoi genitori. Nell'albergo in cui alloggia conosce un maestro di ballo che la affascina anche con il suo sensuale stile di danza e presto diventa la sua allieva preferita, sia nel ballo che in amore. Quando finisce l'estate, però, ognuno di loro deve fare i conti con il proprio senso di responsabilità e con le aspettative dell'altro.
I TORMENTI DELL'ADOLESCENZA
Non sempre, però, i film che hanno i teenager come protagonisti puntano tutte le loro carte sulla musica.
Ne è una valida dimostrazione il film Stand by me, storia di quattro adolescenti tutta giocata sui malesseri della crescita e della scoperta del mondo che, nonostante la bella canzone di supporto, una volta tanto è stato apprezzato per il soggetto, per la regia ed in quanto film a tutti gli effetti.
Certo, gli sono giunte solo naminations, tanto agli Oscar (per la sceneggiatura) che ai Golden Globe. Probabilmente, alla mancata consacrazione finale hanno contribuito alcune scelte discutibili che hanno neutralizzato, in parte, la forza data al film dal bel racconto di Stephen King, da cui era ricavato.
Noi non ce ne accorgiamo nemmeno, ma per uno spettatore americano (per non parlare dei pedanti critici hollywoodiani), trovarsi.
in un film ambientato in Oregon, una sfilza di città del Maine, oppure veder sfilare automobili che sarebbero apparse sul mercato decenni dopo il periodo in cui è ambientata la storia, sono
lacune gravi che, in qualche modo, vanno censurate.
E pensare che, per altri versi, la pignoleria del regista Bob Rayner si era spinta a provare con il protagonista Corey Feldman ben 30 diversi tipi di risata, prima di arrivare a quella definitiva: una risata che più di tutte potesse assomigliare a quella descritta da Stephen King nel suo racconto.
Titolo originale: STAND BY ME
Anno: 1986
Regia: Rob Reiner
Cast: Wil Wheaton/ River Phoenix / Corey Feldman / Jerry O'Connell / Kiefer Sutherland / Casey Siemaszko/ Gary Riley / Bradley Gregg / Jason Oliver / Marshall Bell / Richard Dreyfuss
Durata: 87 minuti
Trama: Incapace di accettare l'idea che il fratello è morto, Gordie Lachance, insieme a tre amici, va alla ricerca del cadavere di un teenager trovato da una banda di ragazzi più grandi vicino ai binari della ferrovia. Per i quattro amici, sarà questa l'occasione per capire molto di più di se stessi e diventare più adulti.
PENE D'AMORE E ARTI MARZIALI
Rimaniamo tra i teenagers ma scendiamo un po' di livello, fino alle storie improbabili di Karate Kid che, a dispetto di chi crede ancora nel sacro fuoco dell'arte, alla sua seconda uscita è riuscito a incassare quasi 200 milioni di dollari (il doppio di "Stand By Me"). Film dalla costruzione astuta, "Karate Kid, Part II", pur muovendosi in un contesto del tutto fantastico, si fa forte di una colonna sonora che altro non è che una compilation di 8 canzoni, belle, orecchiabili, ben dosate tra i vari generi, dal romantico al rock più scatenato.
Ed il tema originale del film Glory of Love è così ben riuscito che, pur tra qualche arricciamento di naso, è arrivato alle soglie dell'Oscar e del Golden Globe, conquistandosi due nomination e lottando fino all'ultimo con un colosso del calibro di "Top Gun", che un Oscar lo doveva vincere per forza, ma non aveva possibilità in nessuna altra categoria.
Per gli Oscar del 1986, infatti, i contendenti erano troppi e di troppo elevato livello per poter offrire speranze al giovane Tom Cruise, o al suo regista Tony Scott. Bisognava competere con "Platoon" di Oliver Stone, con il Paul Newman de "Il colore dei soldi", con l'accoppiata Woody Allen-Michael Caine di "Anna e le sorelle" e, tanto per gradire, con cult movie del calibro di "Figli di un Dio minore", "Alien" e "Mission".
Titolo originale: KARATE KID PART II
Anno: 1986
Regia: John G. Avildsen
Cast: Pat Morita / Ralph Macchio / Pat Johnson / Bruce Malmuth / Eddie Smith / Martin Kove / Tamlyn Tomita / Nobu McCarthy / Yuji Okumoto / Danny Kamekona
Durata: 113 minuti
Trama: Daniel accompagna Mr. Miyagi a Okinawa per far visita al padre che sta morendo. Appena arrivati, in Mr Miyagi si risvegliano i sentimenti per un vecchio amore e questo crea dei problemi con un antico rivale, proprio a causa del quale lui aveva abbandonato Okinawa. Nel frattempo, anche Daniel si innamora di una ragazza e questo crea altri nemici e nuove difficili situazioni da superare.
LE OSCURE VIE DEL SUCCESSO
"Top Gun" è uno straordinario esempio di come le leggi del successo siano totalmente indipendenti da tutto ciò che ha connessioni con il razionale.
La trama è esile ai limiti dell'inconsistenza.
Il film è raffazzonato, sciatto, pieno di errori ed incongruenze.
Si passa da aerei americani F5 spacciati per Mig, ad operazioni che per riuscire comporterebbero voli a velocità pari a 18 volte quella del suono; mostrine che scompaiono all'improvviso dalle divise; pettinature che cambiano nel bel mezzo di un dialogo.
Val Kilmer, che deve molto del suo successivo successo a questo film, non ne voleva proprio sapere di interpretare il ruolo di Iceman ed ha accettato solo per non pagare la penale prevista per la rottura del contratto.
Più successo, nel defilarsi, lo ha avuto Bryan Adams, che ha rifiutato di inserire la sua canzone "Only the Strong Survive'' nella colonna sonora perché riteneva che il film glorificasse la guerra. Gliene saranno grati, probabilmente, Giorgio Moroder e Tom Whitlock che si son vista spianata la strada all'Oscar con Take My Breath Away.
Comunque sia, "Top Gun" è diventato un mito, macina ancora oggi, a quasi 40 anni di distanza, fior di incassi per programmazioni TV, download e gadget, ha fan club sparsi per tutto il mondo ed un sito Internet ufficiale sempre intasato di visitatori.
Certo, molto del suo successo è dovuto al fascino della divisa, in particolare a quella dell'Aviazione della Marina americana.
Titolo originale: TOP GUN
Anno: 1986
Regia: Tony Scott
Cast: Tom Cruise / Kelly McGillis / Val Kilmer / Anthony Edwards / Tom Skerritt / Michael Ironside / Whip Hubley
Durata: 109 minuti
Trama: Maverick e Goose sono due piloti di caccia della marina che si sono distinti come i migliori del loro squadrone. Vengono selezionati ed inviati alla scuola di guerra aerea delle marina, conosciuta con il nome di Top Gun. Lì, essi vengono addestrati per diventare eccellenti piloti e devono competere con i migliori piloti del mondo. Maverick, che per emergere deve pestare i piedi agli altri studenti e si trova anche a combattere contro i fantasmi di una vecchia storia relativa al padre morto in un combattimento aereo, si innamora della suo istruttrice, Charlie, il cui interesse verso di lui era iniziato quando aveva cercato di conoscere meglio quanto era accaduto nei cieli del Golfo Persico in uno scontro con due Mig russi.
PERSEVERARE È DIABOLICO
Ne sanno qualcosa John Travolta e Richard Gere: il primo per aver rifiutato, su consiglio del suo agente, la parte di protagonista in Ufficiale e Gentiluomo, il secondo per aver preso il suo posto. In realtà, la partita tra i due si era aperta due anni prima con "American Gigolo": anche in quella occasione, Travolta aveva rifiutato il ruolo di protagonista (subito dopo che Cristopher Reeve aveva fatto altrettanto, nonostante un compenso da un milione di dollari), passato poi a Gere. La ferita per l'errore di valutazione non si era ancora rimarginata, che l'eroe di "Saturday Night Fever" ci è caduto di nuovo, con l'aggravante di non aver valutato, appunto, il fascino della divisa. "Ufficiale e Gentiluomo" è un film ben fatto, non senza ambizioni di qualità che gli sono state unanimemente riconosciute dalla critica con una valanga di nominations, tanto ai Golden Globe (8), che all'Oscar (6). Certo, anche lui ha avuto la sventura di scontrarsi con un esercito di Titani, tutti insieme a competere nello stesso anno, dall'asso pigliatutto "Gandhi" (9 Oscar) a "E.T." (4 Oscar), a "Tootsie", a "Victor/Victoria", a "Missing". Forse anche per questo i suoi due Oscar (per la Miglior Canzone Originale e per il Migliore Attore Non Protagonista) hanno un significato diverso, che ci aiuta a capire come ancora questo film riesca a monopolizzare l'audience televisiva, pur passando sulla stessa rete per la quarta o la quinta volta.
Titolo
originale:
AN OFFICER AND A GENTLEMAN
Anno: 1982
Regia: Taylor Hackford
Cast Richard Gere / Debra Winger / David Keith / Robert Loggia / Lisa Blount / Lisa Eilbacher / Louis Gossett Jr.
Durata: 125 minuti
Trama: Zack Mayo è un giovane ambizioso e indisciplinato che cerca di essere ammesso a frequentare la scuola di volo della Marina americana per diventare un pilota di jet. Il sergente Foley ha il compito di addestrarlo e valutarne le capacità mettendolo a dura prova. Lo aiuterà a raggiungere il suo obiettivo anche l'amore par Paula, una ragazza che lo costringerà a decidere quali debbano essere realmente i traguardi della sua vita.
LA CENERENTOLA DALLE UOVA D'ORO
Di qui, Richard Gere ha spiccato il volo verso le vette più alte di tutte le classifiche, prima tra tutte quella che conta veramente nello star system americano: la classifica degli incassi. Il record dei record lo ha toccato nel 1990, quando Pretty Woman è riuscito a incassare oltre 500 milioni di dollari e lo ha consacrato divo in tutti i mercati mondiali. In questo successo, gli ha fatto compagnia una Julia Roberts quasi agli esordi, ma così brava da meritarsi un Golden Globe e una nomination all'Oscar come migliore attrice. Che Julia Roberts sia stata una sorpresa, lo dimostra anche la scarsa fiducia che nutriva in lei la produzione, arrivata al punto di sostituire il suo corpo con quello di Shelley Michelle nel poster di lancio del film.
Nessuna sorpresa, invece, da Sylvester Stallone nella sua terza volta nei panni di Rambo: scontato, prevedibile, insopportabile.
Titolo originale: PRETTY WOMAN:
Anno: 1990:
Regia: Garry Marshall:
Cast: Richard Gere / Julia Roberts / Ralph Bellamy / Jason Alexander / Laura San Giacomo / Alex Hyde-White / Amy Yasbeck / Elinor Donahue / Hector Elizondo / Judith Baldwin / Jason Randal / Bill Applebaum
Durata: 117 minuti
Trama: Storia di un ricco e spregiudicato imprenditore che, in viaggio d'affari a Los Angeles, assolda una prostituta perché lo accompagni per una intera settimana tra cene d'affari, party e partite di polo. Ovvio che i due si innamorino, con conseguenti complicazioni e lieto fine con lei che si redime e corona con lui il suo sogno d'amore.
RAMBO NON PERDONA
Già in partenza la produzione di Rambo III, lanciata al grido di "Dio perdona, John Rambo no!", ha fatto capire che le avrebbe sparate grosse, mettendo in moto una macchina che sarebbe costata la cifra record (per il 1988) di 63 milioni di dollari, consumando un regista per strada (Peter Mac Donald sostituì Russell Mulcahy a lavorazione già avviata) e trasformando un angolo del deserto di Yuma in una perfetta replica delle montagne afgane. Tanti sforzi, per non riportare a casa nemmeno i soldi spesi (il film è stato salvato dagli incassi dei mercati esteri) e conquistare un Razzie Award per il Peggior Attore e quattro nominations altrettanto poco lusinghiere. In una tale disfatta, si salva solo He ain't heavy, he's my brother, canzone che sembra capitata nel film quasi per caso, e che ben pochi, travolti dalle smargiassate di Stallone, ricordano di aver sentito.
Certo, guai a sentir parlare di guerra dopo la visione di un film simile, se a riconciliarci con il genere non giungesse in nostro soccorso lo spirito scatenato di Robin Williams con il suo incalzante e divertente Good Morning, Vietnam, un film costato un quinto di "Rambo III" e che solo negli Usa ha incassato quasi il triplo. Qui il mix "guerra e musica" diventa l'asse portante di una storia che sembra scanzonata e leggera, alla quale, però, non mancano riflessioni e approfondimenti che in mano ad altri autori sarebbero stati materia per costruire un piccolo capolavoro.
Titolo originale: RAMBO III
Anno: 1988
Regia: Peter MacDonald
Cast: Sylvester Stallone / Richard Crenna / Marc de Jonge / Kurtwood Smith / Spiros Focas / Sasson Gabai / Doudi Shoua / Randy Raney
Durata: 101 minuti
Trama: John Rambo si è ritirato in un monastero buddista alla ricerca della pace interiore e quando il Colonnello Trautman, suo amico e maestro, lo va a trovare per chiedergli di seguirlo in una missione top-secret in Afghanistan, gli rifiuta il suo aiuto. Trautman agirà da solo ma verrà catturato. A questo punto, l'indistruttibile Rambo accorre in suo soccorso e lo salva sgominando un intero accampamento di soldati russi.
GANGSTER E BUONI SENTIMENTI
Più che al filone dei film di guerra, comunque, Good Morning, Vietnam appartiene di diritto a quello dei "buoni sentimenti", un marchio che sembra attraversare trasversalmente tutti i generi del cinema americano, incluso quello più carognesco, in cui imperversano i gangster della peggior specie.
Categoria cui, dopo pochi minuti di visione, scopriamo non appartenere il protagonista di "Buster", delinquentello la cui grinta si sgretola appena gli capita tra le mani un affare troppo grosso per la sua piccola vocazione criminale.
Qui, però, la melassa viene sparsa a piene mani dall'inizio alla fine (basti pensare al sottotitolo: "Un padre di famiglia ... Un sognatore ... Un ladro") con l'effetto che il film non riserva sorprese, non avvince e non si fa amare. Il risultato, è stato un fiasco commerciale, con poco più di mezzo milione di dollari incassati negli Usa, e due belle canzoni, Two Hearts e Groovy Kind of Love interpretate dallo stesso protagonista, Phil Collins.
Alla prima, è toccato il compito di salvare la faccia della produzione, con una prestigiosa nomination all'Oscar ed un Golden Globe, amaramente spartito con Let the River Run, tema musicale di "Working Girl".
C'è da chiedersi se la sera dei Golden Globe, siano stati più contenti i produttori di "Buster" per aver comunque agguantato un premio, o più arrabbiati quelli di "Working Girl" per doverlo spartire con un tanto meno illustre collega.
A far digerire l'amara pillola, comunque, hanno sicuramente contribuito altri tre Golden Globe assegnati al film e le cinque nomination all'Oscar, di cui una sola, quella per la canzone, trasformatasi poi nella mitica statuetta.
Certo, il tris di attori messi in campo, Harrison Ford, Sigourney Weaver e Melanie Griffith covava aspettative superiori, ma quello era l'anno di Rain Man e Roger Rabbit, e contro le forze della natura c'è poco da fare.
Titolo originale:
GOOD MORNING, VIETNAM
Anno: 1987
Regia: Barry Levinson
Cast: Robin Williams / Forest Whitaker / Tung Thanh Tran / Chintara Sukapatana / Bruno Kirby / Robert Wuhl
Durata: 120 minuti
Trama: Un disc jockey viene trasferito da Creta al Vietnam per vivacizzare con il suo humor la radio dell'esercito americano. Con il suo non conformismo stravolge la piatta e asettica radio inondandola di battute a raffica e di argomenti trasgressivi, diventando subito molto popolare tra le truppe e suscitando la contrarietà dei sottufficiali. Quando non è in onda, cerca di conoscere i Vietnamiti, soprattutto ragazze, e proprio in queste occasioni ha occasione di scoprire la dura realtà di una guerra che non riesce ad arrivare ai microfoni della radio.
Titolo originale: BUSTER
Anno: 1988
Regia: David Green
Cast: Phil Collins / Julie Walters / Larry Lamb / Stephanie Laurence / Anthony Quayle
Durata: 98 minuti
Trama: Buster è un piccolo truffatore che si va a cacciare in una storia più grande di lui. Quando capisce che la polizia non gli darà tregua, cerca di nascondersi, senza più poter contattare sua moglie e suo figlio. Cerca di incontrarli in Messico, dove pensa di potersi ricostruire una vita, ma capisce che deve scegliere tra la sua famiglia e lo libertà.
Titolo originale: WORKING GIRL
Anno: 1988
Regia: Mike Nichols
Cast: Harrison Ford / Sigourney Weaver / Melanie Griffith / Alec Baldwin / Joan Cusack / Philip Bosco
Durata: 113 minuti
Trama: Tess McGill è una segretaria frustrata che cerca di farsi largo nel mondo finanziario di New York. La grande occasione le si presenta quando il suo capo, Katherine Parker, ha un incidente sugli sci. Tess approfitta della sua assenza per tentare il grande salto professionale e si aggrega a Jack Trainer, broker finanziario che ha per le mani un grande affare. Ovviamente la situazione si complica quando il capo torna in ufficio, ma riuscirà comunque a farcela.
NATI PER VINCERE
Qualcosa dei simile era accaduto 15 anni prima, nel 1973, quando, per il film The Way We Were Sidney Pollack era riuscito a mettere insieme una coppia così spudoratamente vincente da farne lo slogan di lancio del film: Streisand and Redford together!! (La Streisand e Redford insieme!!). Se a questa premessa aggiungiamo un soggetto marcatamente hollywoodiano, tutto giocato sui contrasti che perennemente agitano la vita americana e sintetizzati nell'eterna contrapposizione tra conservatori e progressisti, democratici e repubblicani, il pur ricco carnet di allori non può certo aver fatto contento il trio di celebrità, né i loro produttori. Hanno ottenuto un Oscar, infatti, tanto la colonna sonora che la canzone omonima, interpretata dalla Sreisand (e ci sarebbe mancato altro che non vincesse!), mentre, per il resto, gli onori si sono ridotti a quattro nomination, di cui tre di poco conto (scenografia, fotografia e costumi) ed una, quella per la migliore attrice, trasformatasi in una cocente debacle ad opera di Glenda Jackson, trionfatrice di quella edizione.
Titolo originale: THE WAY WE WERE
Anno: 1973
Regia: Sydney Pollack
Cast: Barbra Streisand / Robert Redford / Bradford Dillman / Lois Chiles / Patrick O'Neal / Viveca Lindfors / Allyn Ann McLerie / Murray Hamilton
Durata: 118 minuti
Trama: Storia delicata e commovente dell'amore tra una studentessa radicale e un giovane molto conservatore in cui l'intensificarsi dei sentimenti si accompagna a crescenti contrasti di natura politica ed ideologica.
UN OUTSIDER TUTTOFARE
È chiaro, a questo punto, che anche la dorata vita dei divi é una rosa col gambo ben irto di spine e c'è da scommettere che Joseph Brooks pensava proprio a questo quando scriveva le parole, la musica e la sceneggiatura di You Light up My Life, fragile storia di una cantrante-attrice in cerca della propria strada verso il successo, su cui è stato costruito un film difficile da dimenticare, non fosse altro perché lo hanno visto davvero in pochi. Eppure, (miracoli americani!) un prodottino fatto in casa (Brooks è stato anche poduttore e regista del film), grazie alla sua bella canzone, si è conquistato un Golden Globe e, ancor più stupefacente, un Academy Award in un anno in cui i film che hanno saccheggiato la notte degli Oscar sul palcoscenico del Dorothy Chamdler Pavillon di Los Angeles erano nientemeno che "Io e Annie" (4 Oscar), "Guerre Stellari" (8 Oscar) e "Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo" (2 Oscar).
Titolo originale: YOU LIGHT UP MY LIFE
Anno: 1977
Regia: Joseph Brooks
Cast: Didi Conn / Joe Silver / Michael Zaslow / Jerry Keller / Melanie Mayron / Stephen Nathan
Durata: 90 minuti
Trama: Laurie ha lavorato nel mondo dello spettacolo fin dall'infanzia. Il suo sogno è diventare una cantante e un'attrice, mentre suo padre vorrebbe che intraprendesse, come lui, la carriera di attore di teatro. Lei, per farlo contento, lo asseconda ma con risultati pessimi. Passando da un provino all'altro, si sposa con Ken il quale, però, non capisce quali siano le sue reali aspirazioni. Una notte passata con Chris, che solo più tardi si rivelerà essere un regista, fa affiorare in lei le sue più profonde emozioni e la mette di fronte alla scelta che cambierà la sua vita.
PER FORTUNA CI SONO LE CANZONI
La vicenda di "You Light up My Life", però, non ci deve stupire più di tanto: se si scorre la storia degli Oscar, infatti, ci si accorge presto che quello alla Miglior Canzone (riconoscimento separato e distinto da quello alla Migliore Colonna Sonora) è molto spesso assegnato a veri e propri outsider, oppure a film considerati ai margini della macchina hollywoodiana, realizzati senza grandi investimenti, grandi autori e grandi attori. Un esempio per tutti potrebbe essere "White Nights", filmetto ambientato in clima di guerra fredda, con le trite problematiche sulla cattiveria dei Russi e la bontà degli Americani e i falsi dubbi su questi ultimi (Ma ci sarà da fidarsi?). Che il film sia di poche pretese lo si scopre fin dalle scene iniziali, quando si vede un Boeing 707 maldestramente camuffato da Jumbo con una gobba posticcia sulla parte anteriore della fusoliera. Per fortuna, ci ha messo lo zampino Lionel Richie (proprio lui, il salvatore di "Endless Love" di Zeffirelli), che con la canzone Say You, Say Me ha ridato vita al film portandolo all'Oscar e lanciandolo verso incassi da 13 milioni di dollari, cifra abbastanza modesta per i botteghini americani, ma stratosferica per un film come questo.
Titolo originale: WHITE NIGHTS
Anno: 1985
Regia: Taylor Hackford
Cast: Mikhail Baryshnikov / Gregory Hines / Jerzy Skolimowski / Helen Mirren / Geraldine Page / Isabella Rossellini / John Glover / Stefan Gryff / William Hootkins / Shane Rimmer
Durata: 135 minuti
Trama: Un ballerino fugge dalla Russia per dare libero sfogo alla sua libertà artistica, ma viene catturato e rispedito indietro. Sarebbe costretto a tornare a ballare per il Bolshoi ma, quando se ne presenta l'opportunità, tenta di nuovo la fuga, non senza dubbi sulla lealtà di un americano sposato con una russa, che tenta di aiutarlo.
UNA COPPIA SCHIACCIASASSI
Un colpo del genere, era stato mancato l'anno precedente da Against All Odds, remake molto ben fatto di "Out of the Past" del 1947. L'omonima canzone di Phil Collins (ancora lui, quello di "Buster") lo aveva portato alle soglie di un Oscar che non gli sarebbe sfuggito se, proprio quell'anno, la statuetta non gli fosse stata contesa da una coppia mitica come quella formata da Stevie Wonder e Dionne Warwick per interpretare I Just Called to Say I Love You, il motivo conduttore di "The Woman in Red". Nonostante questo e, soprattutto, grazie alla ottima costruzione cinematografica della storia, il film non ha sfigurato al box office, incassando negli Usa la bella cifra (per un film come questo) di 22 milioni di dollari. Non è un risultato da poco, se si considera che "La Signora in Rosso", interpretato da due recordman del botteghino, quali Gene Wilder e la rivelazione Kelly LeBrock, e trainato dall'Oscar, ha incassato solo due milioni di dollari in più.
Titolo originale: THE WOMAN IN RED
Anno: 1984
Regia: Gene Wilder
Cast: Gene Wilder / Kelly LeBrock / Charles Grodin / Joseph Bologna / Judith Ivey / Michael Huddleston / Gilda Radner / Kyle T. Heffner / Michael Zorek / Billy Beck / Kyra Stempel / Robin Ignico
Durata: 87 minuti
Trama: Teddy è un uomo di mezza età con una brava moglie, figli meravigliosi, amici, un buon lavoro e un'amante discreta. Sembrerebbe avere tutto ciò che si può desiderare, ma non è così. Un giorno vede una donna meravigliosa avvolta in un vestito rosso e, improvvisamente, impazzisce pur di farla sua. Di qui nasce una storia piena di complicazioni e di momenti esilaranti.
ANCHE I GRANDI PERDONO
Non a caso, in questa carrellata di film portatori di buona musica, abbiamo lasciato per ultimo Ghost, perché rispetto a tutti gli altri ha un pregio raro: è un bel film. Niente di trascendentale, intendiamoci, ma ha tutti gli ingredienti indispensabili per piacere senza condizioni: un buon soggetto, una sceneggiatura vivace e piena di invenzioni intelligenti (premiata con l'Oscar), attori ben diretti, un personaggio in grazia di Dio come Whoopi Goldberg nella parte della sensitiva metà vera e metà ciarlatana (secondo Oscar). E, per finire, la magistrale colonna sonora firmata da Maurice Jarre, un veterano dei grandi successi, con ben tre Oscar al suo attivo, per "Lawrence d'Arabia", "Il Dottor Zivago" e "Passaggio in India". Nel 1990 non ce l'ha fatta: sulla sua strada ha trovato "Balla coi Lupi" e ha dovuto mettersi da parte. Con la coda tra le gambe.
Titolo originale: GHOST
Anno: 1990
Regia: Jerry Zucker
Cast: Patrick Swayze / Demi Moore / Tony Goldwyn / Whoopi Goldberg / Vincent Schiavelli / Rick Aviles
Durata: 127 minuti
Trama: Sam e Molly sono una coppia felice e innamorata. Una notte, tornando da teatro si imbattono in un rapinatore che uccide Sam. Trasformatosi in un fantasma, Sam scopre che la sua morte non è stata una disgrazia e che servirà a salvaguardare Molly da un pericolo incombente. Ma, in quanto fantasma, lui non può essere né visto né sentito dai viventi, quindi cerca di comunicare con Molly attraverso Oda Mae Brown, una sensitiva che non si era ancora resa conto che i suoi pretesi poteri paranormali erano veri e non una truffa.
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